THE TEN COMMANDMENTS – Again!

A. Huxley

Dico solo una cosa: da laureato in Scienze della Contadineologia applicata alla Leterizia Quantica presso l’Università di Traliccio Basso fondata da Aldous Huxley (si proprio lui!) quale Sono. Sono arrivato, dopo anni di studio amorfico, alle seguente conclusione.

L’unico comandamento, ma più che un comandamento è un monito, se non addirittura un assioma assiometrico, che ci può arrivare da un’entità infinita1 è: non cercare mai d’ingegnarti per trovare un metodo volto alla comprensione di ciò che io sono, non ci riusciresti mai e combineresti dei casini apocalittici. Pagliaccio.

Zardoz ha parlato!

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  1. Dio – si noti l’utilizzo del femminile, come Terra, ma anche Sole che è sì maschile ma è una stella, quindi femminile []

Sulla delicata questione pirotecnica dei “Dieci Comandamenti”

10 Comandamenti

Non c’è molto da dire, soltanto una semplice osservazione.

Un divieto è prerogativa dell’essere terreno; le leggi vengono fatte e applicate dagli uomini. Se così non fosse, non è molto chiaro, quindi, per quale ragione un Dio, succube degli stati emotivi e pulsionali di quelle azioni che egli stesso vieta1, abbia così fiducia nella riuscita dell’essere umano. Ora, come può qualcuno in quanto Dio, e di guisa estraneo al concetto materiale di desiderio, vietare che si possa desiderare la donna o la roba d’altri? Insomma che cazzo ne sa lui di roba e di donne!? Diversa sarebbe la questione se, per assurdo, avesse un carattere tipicamente umano, ma anche in questo caso non si comprenderebbero le ragioni per cui l’uomo debba astenersi da certe tendenze istintive quando addirittura lui – Dio – non riesce a farlo.
Pazzesco! Da perderci veramente la testa!

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  1. I Dieci Comandamenti []

Tu ritornerai!

Sorella.
Cuore del mio cuore.
Sangue del mio sangue.
Carne della mia carne.
E’ troppo presto per me esprimermi. Cercare di proferire qualcosa che abbia un senso. Su ciò che sei; su ciò che ha spinto quel beffardo e misterioso percorso lungo l’ispirazione della nostra separazione; su ciò che ha condotto la mia anima verso la comprensione assoluta della sofferenza: uno stato di coscienza che trascende sul senso materiale di ogni singolo elemento del dolore.
Non è ancora tempo per me di disegnare con le parole quella linea ininterrotta e assoluta del tuo sorriso. La mia passione per la scrittura non lambirà mai la perfezione del tuo sguardo. Al tuo cospetto, la banalità del mio misero essere mi devasta e non mi rende degno di avvicinarmi alla tua natura. Per questo cara sorella, nella dimensione più umile del pianto, io rubo una citazione dalla tua agendina: patrimonio sacro per il mio spirito.

Prima o poi arriva un tempo che parlare o stare muti è la stessa cosa. E allora è meglio starsi zitti1.

Vita della mia vita, anche se il tempo di starsi zitti non è ancora arrivato, perché sempre reclamerò quella giustizia che dovrà sgorgare, primo o poi, imperitura dalle tempie dell’essere umano, oggi è un giorno in cui sono costretto a dare pieno sfogo a questa tua trascrizione.
Non dirò nient’altro sorellina, ma voglio lasciarti con un’immagine che hai veicolato nella miopia del mio sguardo, per far sicuramente apparire questo giorno meno infausto e meschino. Anche se ingenuamente, all’inizio, avevo creduto di esserne stato io il naturale scopritore.
So benissimo che su questo spazio virtuale la politica non dovrebbe entrare, ma qui si tratta di te e di me, del tuo e del mio pensiero, del mio istinto verso la tua immacolata morale; verso il tuo illuminato intelletto. Di un’unione eterna che ci renderà immortali. Perché come mi hai insegnato, mio tesoro, la libertà nasce dal cuore, e ogni sua forma di repressione, dal cuore verrà annientata.

Buon compleanno, amore mio!

Il Che!
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