Per chi ama leggere… gratis – Libro sospeso, solo su Arpeggio Libero Editore

Proprio uno scrittore, Luciano De Crescenzo, ci spiega che il caffè sospeso, oltre a essere un’antica tradizione napoletana, è un atteggiamento filosofico, parto di un popolo generoso e da sempre amico del pensiero.
Un tempo era cosa naturale vedere il ricco, felice per un affare andato a buon fine, entrare al bar, ordinare un caffè e lasciarne uno pagato, ma lo era altrettanto per il povero cui era appena venuto alla luce un figlio. E, sempre con la massima semplicità, si poteva vedere qualcuno affacciarsi alla porta, nella speranza che ci fosse un caffè sospeso.
La crisi ha cambiato molte cose e rilanciato l’antica usanza. La stessa crisi che ha confinato i libri tra i generi di lusso. Da qui l’idea del libro sospeso, felicità per chi dona cultura e felicità per chi la riceve, tributo del lettore a un autore conosciuto da tempo o appena incontrato.
Se hai la possibilità di donare, sei il benvenuto; se non ne hai la possibilità, saprai apprezzare. E se oggi dovessi essere in condizione di ricevere, siamo certi che domani ti ritroveremo tra noi per donare. ~ Riccardo Gavioso ~

TANTI LIBRI SOSPESI TI ASPETTANO SU ARPEGGIO LIBERO… COSA ASPETTI?

Al di qua del sole [Racconto]

Girone: B
Genere: thriller
Tema: ” Maria fu chiusa in un riformatorio perché di famiglia povera e perché non sapeva leggere. Per poter lasciare il riformatorio acconsentì, all’età di 18 anni, alla sterilizzazione. Assunta da un proprietario terriero, Maria fu esaminata da un oculista che le diagnosticò una miopia fortissima… +info

AL DI QUA DEL SOLE

Al di qua del sole

MATTATOIO n. X [THe iNCIPIT]

L’agente Tony Laura è un tipo atticciato, che cerca di sublimare il suo fallimento come procuratore distrettuale facendosi scudo dietro un linguaggio forbito.

In verità, per ben tre volte era riuscito a superare brillantemente la prova di ammissione, ma, si sa, il suo cognome fuori moda aveva fatto sì che il suo scartafaccio si perdesse distrattamente nei babelici e polverosi stambugi della burocrazia. In parole povere era stato inculato da alcuni cognomi più alla moda del suo.

A differenza dell’ispettore Asserramanico il suo abbigliamento è sempre specioso, tirato a lucido. Nelle sue intenzioni ci sarebbe la presunzione di essere il lato speculare e al contempo cristallino del suo superiore. Una sorta di contraltare comportamentale per bilanciare l’aria malsana che si respira sovente alla centrale di polizia.
Le sue guanciotte tonde sono sempre illuminate da gradazioni rosso fuoco, ma in vita sua non ha mai toccato nemmeno un goccia di vino… o di birra, o di altro. È astemio, anche se fa finta di non saperlo.

– Ecco a lei i nastri ispettore.
– Questi sono solo 4, avevi detto che erano 5.
– Ha ragione signore ma c’è stato un ex aequo nella scelta delle opzioni e uno è andato perduto.
– Quando usi questi paroloni non capisco mai dove cazzo vuoi andare a parare. Avete dato un’occhiata al contenuto?
– Sì signore!
– Quindi?
– Quindi signore sarebbe il caso che li guardasse anche lei.

L’ispettore Asserramanico osserva la donna con piglio minaccioso, poi sospira, infine estrae una sigaretta dal pacchetto e se la infila tra i denti. La bacia, la inumidisce, il filtro si restringe spellandosi in più punti, dopodiché, con uno schiocco di dita, fa tinnire il coperchio metallico dello Zippo. Fuoco, la punta s’ingrossa e arde come il braciere di un maniscalco. Un paio di aspirate prolungate e si è già estinta. Esala l’ultimo filo di fumo, schiacciata brutalmente nel posacenere saturo di altri cadaveri consanguinei.

– Signorina questa storia non mi piace per niente. Agente Laura inserisca il primo vhs.
– Ma signore non aveva detto che non è saggio interferire ulteriormente con gli stati di shock pregressi della vit…
– Chiuditi quel cesso e fai come di dico.

Tony Laura introduce la cassetta nella bocca del videoregistratore.

PLAY sp 00:00:42

La location è cambiata, ci troviamo all’interno di un un mattatoio. Le pareti sono chiare, forse piastrellate in ceramica, riflettono pigramente una luce bluastra che si origina alle nostre spalle. Schiere di maiali squartati – dallo scroto fino al grugno – scendono dall’alto, offrendoci l’orrore dei loro ventri svuotati. È un transito interconnesso di tonalità granguignolesche: il rosa della cotenna rimbalza sul lardo cereo del tronco dilaniato, che a sua volta sfuma nel rosso carnale delle pareti interne, per impennarsi infine sul bianco intenso delle costate e delle vertebre. Il sangue gronda ancora, a goccia a goccia, dal grifo delle bestie macellate, formando rigagnoli scarlatti lungo il canale di scolo. È il carosello del terrore.
Al centro dell’inquadratura è posizionato un grande tavolo settorio d’acciaio, sul quale si dimena un bambino con mani e piedi legati. È incappucciato. Ad una seconda analisi visiva la conformazione delle sue dita ci suggerisce che potrebbe trattarsi di una persona affetta da nanismo.
Il tempo di metabolizzare la macabra visione e una donna imbavagliata, con indosso una bata de cola color porpora, viene trascinata di forza – da un energumeno – al centro della scena. L’uomo ha il volto coperto e veste un grembiule da macellaio antiscannamento. Colpisce con un fendete violentissimo la nuca della ballerina, che sviene e rovina a terra. Il losco figuro afferra una tronchese e le trancia di netto l’indice della mano destra. Brevi zampilli di sangue fuoriescono dal moncherino. Una donna grida a squarciagola. L’inquadratura ruota e si arresta sul primo piano dei suoi occhi. È lei, la stessa ragazza che in questo momento si trova nell’ufficio di Asserramanico.

nel_prossimo_vhs

Warandepark [Racconto]

Olimpiadi letterarie (o forse Decathlon) – Qualificazioni

Girone: B
Genere: thriller
Tema: Golconda

WARANDEPARK
(a short story by Jay Baren)

La notte – sibilante e umida – è caduta sui vicoli della città già da un pezzo, portandosi dietro un gelo pungente che alimenta il ticchettio dei denti di chi si attarda, e nutre le brame di piacere degli amanti sotto i coltroni.

Una donna, in camicia da notte, se ne sta allocchita e intorpidita su un ponticello, ad ammirare i ri­stagni dell’acqua che riflettono le luci stinte dei lampioni. È serena, i suoi lineamenti sono rilassati, il suo respiro è lento e armonioso, e sorride al suono dei passi di quell’inusuale promenade.

All’istante un fruscio. Un’ombra scivola minacciosa alle sue spalle. Una mano candida e levigata si allunga lentamente fino a posarsi sulla sua schiena. La donna riconosce quel contatto, lo assapora, lo trattiene, come se fosse l’ultimo. La vestaglia aleggia a mezz’aria, poi risale, fino a ricoprirle il capo. Si stringe attorno al suo collo, sempre più violenta. La lingua violacea si riversa all’esterno della sua bocca, pende, senza vita. Gli occhi fuoriescono dalle orbite, esaltando l’oblio di pupille enormi. Il cuore si placa. L’ultimo sospiro strozzato le lacera la gola, poi scivola giù, nelle fauci del vuoto eterno. La corrente gelida del Sambre la trascina via per sempre.

* * *

Continua…

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