Sulla delicata questione pirotecnica dei “Dieci Comandamenti”

10 Comandamenti

Non c’è molto da dire, soltanto una semplice osservazione.

Un divieto è prerogativa dell’essere terreno; le leggi vengono fatte e applicate dagli uomini. Se così non fosse, non è molto chiaro, quindi, per quale ragione un Dio, succube degli stati emotivi e pulsionali di quelle azioni che egli stesso vieta1, abbia così fiducia nella riuscita dell’essere umano. Ora, come può qualcuno in quanto Dio, e di guisa estraneo al concetto materiale di desiderio, vietare che si possa desiderare la donna o la roba d’altri? Insomma che cazzo ne sa lui di roba e di donne!? Diversa sarebbe la questione se, per assurdo, avesse un carattere tipicamente umano, ma anche in questo caso non si comprenderebbero le ragioni per cui l’uomo debba astenersi da certe tendenze istintive quando addirittura lui – Dio – non riesce a farlo.
Pazzesco! Da perderci veramente la testa!

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  1. I Dieci Comandamenti []

Tu ritornerai!

Sorella.
Cuore del mio cuore.
Sangue del mio sangue.
Carne della mia carne.
E’ troppo presto per me esprimermi. Cercare di proferire qualcosa che abbia un senso. Su ciò che sei; su ciò che ha spinto quel beffardo e misterioso percorso lungo l’ispirazione della nostra separazione; su ciò che ha condotto la mia anima verso la comprensione assoluta della sofferenza: uno stato di coscienza che trascende sul senso materiale di ogni singolo elemento del dolore.
Non è ancora tempo per me di disegnare con le parole quella linea ininterrotta e assoluta del tuo sorriso. La mia passione per la scrittura non lambirà mai la perfezione del tuo sguardo. Al tuo cospetto, la banalità del mio misero essere mi devasta e non mi rende degno di avvicinarmi alla tua natura. Per questo cara sorella, nella dimensione più umile del pianto, io rubo una citazione dalla tua agendina: patrimonio sacro per il mio spirito.

Prima o poi arriva un tempo che parlare o stare muti è la stessa cosa. E allora è meglio starsi zitti1.

Vita della mia vita, anche se il tempo di starsi zitti non è ancora arrivato, perché sempre reclamerò quella giustizia che dovrà sgorgare, primo o poi, imperitura dalle tempie dell’essere umano, oggi è un giorno in cui sono costretto a dare pieno sfogo a questa tua trascrizione.
Non dirò nient’altro sorellina, ma voglio lasciarti con un’immagine che hai veicolato nella miopia del mio sguardo, per far sicuramente apparire questo giorno meno infausto e meschino. Anche se ingenuamente, all’inizio, avevo creduto di esserne stato io il naturale scopritore.
So benissimo che su questo spazio virtuale la politica non dovrebbe entrare, ma qui si tratta di te e di me, del tuo e del mio pensiero, del mio istinto verso la tua immacolata morale; verso il tuo illuminato intelletto. Di un’unione eterna che ci renderà immortali. Perché come mi hai insegnato, mio tesoro, la libertà nasce dal cuore, e ogni sua forma di repressione, dal cuore verrà annientata.

Buon compleanno, amore mio!

Il Che!
  1. Nuovo cinema paradiso – “Film” []

[Mini Fiaba] Sulla Poligamia Monogama

Tantissimo tempo fa viveva un principe di nome Spermino. Spermino aveva un carattere molto riservato e la sua nobiltà d’animo non era solo un mero retaggio araldico ma un principio fondamentale del suo essere interiore. Nel suo castello c’erano cinquanta camere da letto, ognuna a suo modo stupenda e austera al tempo stesso,  ma lui amava trascorrere la totalità delle sue giornate soltanto in una di queste. Suo padre, il Re, era molto contrariato dal comportamento del Delfino, non riusciva ad accettare il fatto che un uomo, che aveva a disposizione cinquanta camere da letto bellissime, era dedito alla frequentazione di una soltanto. Spesso e volentieri tuonava contro il figlio – Sei un pisellanime! Hai cinquanta camere a disposizione e godi di una sola di esse! Sei un offesa per il tuo nome! – Ma malgrado i rimproveri del Re e nonostante si costringesse a frequentare anche le altre camere, Spermino ritornava sovente nella sua amata camera.
Un giorno Il Re, accecato dall’ira più abbacinante, diede l’ordine di far murare la camera nella quale il figlio ero solito soggiornare.
Quando Spermino lo venne a scoprire cadde in una profonda depressione e da quel momento un dolore struggente prese a consumarlo lentamente. Nonostante gli sforzi del Re, della Regina, e di tutti i servitori del castello per farlo tornare a vivere e a godere delle gioie che le altre camere da letto erano capaci di offrire, Spermino si tolse la vita. Prima di farlo, però, lasciò un biglietto – Adesso, se non è troppo disturbo, muratemi nella camera che mi avete sottratto.
Distrutti dalla sofferenza, il Re e la Regina vollero esaudire l’ultimo desiderio del figlio. Ma quando diedero l’ordine di smurare la famosa camera da letto, devastante fu lo stupore nello scoprire che in verità, quella camera, era un Club Privé.

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Sull’aratro Open Source

Il femore tecnologico

Spesso ci si chiede se la tecnologia sia sempre cosa saggia e buona. In effetti lo è. La tecnologia è sempre cosa saggia e buona. Ciò che lo è di meno è l’uso che di tale tecnologia si fa. Prendiamo il vino ad esempio, è una biotecnologia che permette la conservazione dell’uva. Il vino è buono, il suo sapore è accattivante, il suo profumo risveglia i sensi, i greci lo consideravano il sangue della terra, ma se perdiamo il controllo su di esso lo stato delle cose si capovolgerà e sarà il vino a controllarci. Bastano un paio di bottiglie di vino al giorno per renderne schiavo il singolo, che rimarrà comunque schiavitù limitata a se stessa. Ma se vogliamo assistere alla schiavizzazione di un intero popolo allora bisogna spingersi oltre: la tecnologia, dalle sembianze tanto utili e innocue, deve cadere nelle mani sbagliate. Realizzato questo presupposto il popolo sarà sottomesso a tempo indeterminato.

Alcuni sociologi imputano all’aratro il matrix precursore dell’odierno imperialismo capitalista, tralasciando furbescamente l’ingrediente essenziale che ha permesso l’immondo scenario attuale: l’avidità.
L’aratro permise di velocizzare il lavoro nei campi e di conseguenza consentì l’accumulo di scorte che via via divennero il fiore all’occhiello dell’attuale sistema economico mondiale. Ma non fu tanto l’eccedenza del bene prodotto a modificare le dinamiche economiche di quei tempi (progredite fino a oggi) quanto il fatto che quel tipo di tecnologia fosse essenzialmente chiusa; blindata; closed source. Questo aspetto fondamentale permise a una ristretta elìte di monitorarne gli accessi e di creare le condizioni affinché i pochi controllassero i molti.
Immaginiamo per un istante se il codice sorgente dell’aratro fosse stato aperto (open source) e accessibile a tutti i contadini dell’epoca. Ne avrebbero migliorato lo sviluppo e la distribuzione, ognuno di loro se ne sarebbe potuto permettere uno, in quanto parte integrante ed edificante di quel processo evolutivo, di conseguenza non sarebbero esistite eccedenze tali da permettere al singolo lo strapotere e il monopolio finanziario che attivò la sottomissione del popolo. La produzione sarebbe stata equa e distribuita in modo altrettanto onesta. In parole povere se l’aratro fosse stato open source oggi non sarebbe esistita di certo la Monsanto che a tutti i costi vuole ingozzarci di sementi transgeniche.

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